“Ti fermi a cena da noi, Zio?”.
La tua figura filiforme, composta e ordinata si ferma sulla soglia di casa dei miei. Da dietro lenti spesse, che rendono i tuoi occhi scuri più grandi, mi fissi, poi pieghi la testa di lato e fai cenno di no, riempiendo il sotto-mento di doppie pieghe.
“No, grazie. La sera preferiamo stare leggeri. Io mangerei solo una minestrina”.
Usi il plurale nella risposta, perché non puoi fare a meno di prendere decisioni che coinvolgano anche lei, la dolce donna che ti accompagna da sempre, mia zia. Tra di voi c’è un legame intenso, palpabile, l’amore di una vita. Ora la stai guardando, per chiederle conferma, e tra qualche istante cederete entrambi alle nostre lusinghe. Allargheremo la tavola, aggiungeremo dei posti e la cena si trasformerà allegramente, perché voi siete parte della nostra famiglia, nel senso più intrinseco, autentico e sentito. Siete la ciliegina sulla torta della domenica e tutta la mia famiglia aspetta con ansia il suono del campanello che preannuncia il vostro arrivo. Mentre ti passo l’acqua, dici qualcosa e trascini nella pronuncia un debole accento milanese. Te lo faccio notare.
“Ah, Milan! L’è semper en gran Milan”, lo dici illuminandoti e ricordando i vecchi tempi, quando tu e la zia abitavate e lavoravate là. È piacevole discorrere con te, perché sei ricco di interessi, una buona parlantina e quel modo discreto di non eccedere mai, di non insultare nessuno. Elegante ma riservato, a dispetto del tuo nome (Severino) hai sempre un sorriso rassicurante per tutti.
Col tempo i tuoi folti capelli hanno iniziato a tingersi di sfumature bianche sempre più evidenti, ma, sotto la giacca o il maglione, rare volte ti ho visto dimenticare la cravatta.
Io ho inseguito la mia felicità, mi sono sposata e poi trasferita in città e paesi diversi, più volte.
Non sei mai mancato nei momenti importanti della mia vita. Quando ti ho chiamato o fatto visita mi hai accolta con gioia, anche se era passato molto tempo. Non hai mai preteso scuse, non hai mai indugiato cercando di addossarmi colpe per la mia assenza. Rivedermi, sentirmi e sapermi serena erano le sole cose che contassero. Perché tu eri fatto così: non sprecavi il tuo tempo ad affannarti dietro inutili arrabbiature. Amavi la vita, la festa, i viaggi. Eri ben voluto da tutti, in prima linea nel dare una mano agli altri. Un uomo d’altri tempi, con una levatura morale e una dignità che solo chi ha un trascorso di sacrifici può possedere. Amavi la tua famiglia, i tuoi nipoti, i tuoi figli e, al primo posto, sempre lei, la compagna della tua vita, tua moglie.
La zia e lo zio di Erbusco. La zia e lo zio. LO zio che oggi non c’è più.
“Ti fermi a cena da noi, zio?”.
Silenzio.
E un vuoto incolmabile lacera il cuore di chi hai lasciato.