Alle prime luci del mattino, un uomo sedeva sul bordo di una cinta. Il vento soffiava in piccoli turbini, sollevando la polvere, e le sue gambe oscillavano nel vuoto, sospinte dalla sua debole forza. Teneva la testa china, osservando le proprie mani macchiate dal sole e segnate dal tempo, raccolte sul grembo. Una bambina con un fermaglio blu a forma di stella tra i capelli gli si avvicinò. Lo squadrò, evidentemente incuriosita.
“Che cosa tieni tra le mani?” gli chiese.
L’uomo rispose, con l’incertezza di chi non vuol dare spiegazioni ma nemmeno essere scortese e, alla fine, risolve riformulando un’altra domanda: “Che cosa credi che ci sia?”
La bambina lo scrutò con più attenzione.
“Se nascondi qualcosa, dev’essere un tesoro!” sentenziò.
Sul volto dell’uomo calò un velo di tristezza.
“Sì, un vero tesoro” sospirò.
“Facciamo un gioco: io ti dico un segreto, però prima tu mi dici qual è il tuo tesoro?” gli propose la piccola, sempre più curiosa.
“I giochi devono essere divertenti! Il tuo non ha l’aria di esserlo” le disse l’uomo, soggiogato dalla sua dolcezza.
“Allora rendiamolo divertente: facciamo che io ti racconto il mio segreto, se tu mi lasci indovinare qual è il tuo tesoro!”. L’uomo sorrise per l’ingenuità e l’arguzia della sua risposta. Poi, con un cenno del capo, acconsentì alla proposta, altresì sospinto dalla speranza che in quel modo si sarebbe liberato presto di quel piccolo impiccio.
“Sei un astronauta e tra le mani hai una stella?”
L’uomo corrucciò il volto, incredulo di fronte a tanta fantasia. Poi scosse il capo.
“Sei un mago e tra le mani hai una pozione magica?”
“No, io…” cercò di interromperla.
“Sei un principe e tra le mani hai la tua corona?”
Non riuscì a trattenere il sorriso e con il volto negò anche questa possibilità.
“Sei un pirata e tra le mani hai una perla?”. Questa volta la bambina aveva assunto un tono di sfida.
“No” contestò l’uomo, che non capiva il senso logico dei suoi pensieri. “Perché è così importante per te sapere chi sono?”
“Perché solo sapendo chi sei, posso capire qual è la cosa che ritieni più importante. Allora scoprirò qual è il tuo tesoro!”. Aveva senso.
“Allora chiedimi che lavoro faccio” la incoraggiò lui.
“Il lavoro che fai non può dirmi chi sei” gli spiegò lei.
“Mi hai chiesto se sono un astronauta, un mago, un principe o un pirata: certo che vuoi sapere che lavoro faccio” replicò l’uomo.
“No! Io volevo solo sapere se credi ai sogni, alla magia, alla poesia o se invece preferisci l’avventura…” chiarì la bambina.
Colto alla sprovvista, rispose frettolosamente, con la stessa spontaneità con cui lo aveva fatto lei: “Credo nell’amore” disse tutto d’un fiato.
“Vuol dire che sei innamorato?” insistette lei, cercando una traduzione per le sue parole più conforme alla semplicità del vocabolario da lei conosciuto.
“Sì, con tutto il mio cuore” replicò lui, fissandosi le mani scarne attraversate dalle vene prorompenti, con gli occhi gonfi per l’emozione.
“Allora perché sei triste?”.
L’uomo sussultò. Quella bambina era molto più intuitiva di quanto avesse creduto a prima vista. Meritava una risposta semplice, ma sincera: “Perché l’ho perso” dichiarò.
“Nessuno può perdere l’amore e nessuno può rubartelo!” esclamò con disappunto. “Non sai che l’amore abita nel cuore? Se sei vivo e il tuo cuore batte ancora, anche l’amore che hai lì dentro è vivo! Quindi non puoi perderlo, come non si può perdere il cuore!”.
L’uomo la fissò interessato. Era la sua ingenuità a parlare o qualcuno le aveva suggerito quelle parole? Era davvero così elementare quello che aveva appena dichiarato o lui si era confuso sulla sua tenera età, giudicandola più giovane di quanto non fosse realmente? La scrutò e nella profondità dei suoi occhi lesse la limpidità e la chiarezza dell’infanzia.
“È vero quello che hai detto, ma io ho perso la persona che amavo” si giustificò.
Con la medesima sicurezza la bambina gli rispose senza pensare. “Allora non devi far altro che cercarla! Ti dirò come fare: se sei un astronauta, ritorna tra le stelle e cercala dall’alto; se sei un mago, fai un incantesimo e falla ricomparire; se sei un principe monta sul tuo cavallo bianco e cavalca per tutto il regno e se sei un pirata, ritorna sul tuo veliero e rintracciala, navigando in tutti gli oceani. Non puoi arrenderti! Nessun eroe lo farebbe!”.
“Ma io non sono un eroe!” rispose l’uomo, schernendosi.
“Certo che sei un eroe! Una signora che conosco molto bene dice sempre che siamo tutti degli eroi, perché serve coraggio per vivere. Chiunque affronti le proprie paure, non chiudendosi in se stesso, decide di essere il protagonista della propria vita e se le vince è un eroe”.
Un morso al cuore lo costrinse ad aprire la bocca per catturare più aria e colmare il vuoto dei suoi polmoni. “Conoscevo qualcuno che diceva la stessa cosa…” proferì con un filo di voce, sommerso dal ricordo. “La signora che conosci è molto saggia” osservò ammirato, come aveva già fatto in passato, ascoltando quelle stesse parole. Poi una copiosa lacrima gli solcò il volto. “Però non posso cercare qualcuno che non c’è più”.
La bambina sembrò non badare al suo pianto sommesso e continuò.
“Se non c’è più, allora perché ti tormenti dicendo che l’hai persa? Semplicemente non c’è più!” osservò con la chiarezza che le era tipica, come qualsiasi bambino, che vive solo dell’istante e delle cose presenti. “Tu invece sì! Non puoi essere triste per sempre!” aggiunse. “Anch’io amavo tanto un orso di peluche quand’ero piccola. Si chiamava Bubo: era il mio preferito. Ho una fotografia mentre gioco con lui. Poi sono diventata grande e l’ho regalato a qualcun altro, perché adesso non gioco più con i peluche. Mi dispiace non averlo più, però sono contenta quando guardo quella fotografia e vedo quanto mi rendeva felice giocare con lui”. Mentre discorreva, la bambina si accarezzava i capelli castani e le sue piccole dita sfiorarono il fermaglio. L’uomo avvertì una strana sensazione: dove gli sembrava di averlo già visto?
“L’amore per un peluche non si può paragonare all’amore per una persona” suggerì lui.
La sua loquacità subì un attimo di smarrimento a quella risposta. Senza aggiungere altro, continuando a guardarlo negli occhi alla ricerca di spiegazioni, si arrampicò sulla cinta e si sedette di fianco all’uomo, pronta all’ascolto.
“Quando hai regalato il tuo peluche, l’hai fatto perché non ti interessava più e perché probabilmente volevi qualcos’altro. Quando crescerai ancora, nuovamente cambierai gioco, perché quello che hai già non ti darà più soddisfazione e così via dicendo, a ogni tappa della tua vita. Ogni volta andrai alla ricerca di un gioco sempre più grande e più bello, perché solo così potrai sentirti soddisfatta. Questo fino a quando la tua felicità diventerà secondaria a quella di qualcun altro. Succederà quando amerai una persona e, allora, non ti interesserà un gioco più bello che la sua gioia”. Non era sicuro che il suo discorso fosse così semplice da intendere per la sua giovane età, ma quella bambina aveva un’intelligenza notevolmente fuori dal comune e lo disponeva ad esprimersi con franchezza.
“Vuol dire che sarò felice solo quando lei sarà felice?”.
“Esattamente!”. L’uomo sorrise, meravigliato per tanta comprensione.
“E anche lei sarà felice solo quando io sarò felice?” seguitò lei.
“Sì, sarà così!” ammise lui.
“Questo significa solo una cosa: che adesso siete entrambi infelici!”.
L’uomo per l’ennesima volta la guardò esterrefatto. Non aveva mai pensato la cosa in questi termini.
“Perché non prepari qualcosa per farle tornare il sorriso?” propose, continuando a toccarsi i capelli.
“Piccola, non posso: in queste circostanze non si può far niente. Io non so far niente!” si giustificò l’uomo, mentre sentiva che il mento iniziava a tremargli nel tentativo di frenare il pianto.
“Se sai custodire tra le tue mani un grande tesoro, sei più potente di qualsiasi eroe!”.
Non aveva idea di chi fosse quel piccolo vulcano di saggezza, né da dove provenisse. Di certo però non avrebbe guastato la sua positività. Decise di metterla alla prova e la sfidò con il suo stesso linguaggio.
“Il tuo astronauta cosa farebbe?”.
“Continuerebbe ad amare le stelle! Andrebbe nella sua astronave e si metterebbe alla ricerca di pianeti sconosciuti, perché solo così potrebbe scoprirne uno migliore di quello che lui credeva il più bello”.
L’uomo pensò che d’ora in poi avrebbe guardato le stelle con occhi diversi.
“E il principe?” la interrogò ancora, scoprendosi affamato della sapienza della bimba.
“Ogni fiaba termina con le nozze del principe con la sua principessa, vivendo per sempre felici e contenti. Quindi il principe sarebbe costretto a cercare un’altra principessa. Sapendo però che il finale è sempre lo stesso, ne varrebbe sicuramente la pena!”. L’uomo rise, realmente coinvolto e con uno strano senso di leggerezza nel petto.
“Il mago invece inventerebbe nuove magie! Con la sua bacchetta magica trasformerebbe la tristezza in allegria. Poi farebbe un incantesimo, chiedendo al proprio cuore di non soffrire più pensando al passato, ma di sentirsi appagato, per le cose belle che ha vissuto e grato, per quelle che potrebbe vivere ancora”. Mentre parlava, la sua voce assunse un tono più grave e il suo lessico si fece più consono a quello utilizzato da una donna adulta.
L’uomo ascoltò rapito quello che diceva e la incitò a continuare, sospirando, mentre si chiedeva se davvero esistesse un incantesimo tanto potente.
“Il pirata invece è abituato a lottare per conquistare il suo tesoro, perciò non si stancherebbe di andare alla ricerca di nuove avventure, sfidando i pericoli del mare e perfino a costo di rimanere solo sulla sua nave. Però mai, per nessuna ragione, ci rinuncerebbe e continuerebbe a cercare nuovi tesori fino al suo ultimo respiro”.
“Sei molto più saggia di quanto dimostra la tua età” la elogiò l’uomo, contemplandola. “Dimmi dunque, tu cosa faresti?” la incalzò.
La bambina si fece improvvisamente molto seria in volto.
“Ti chiederei di essere felice, per consentirmi di essere felice a mia volta. Ti direi di stringere a te i nostri ricordi, ma di continuare a vivere, o lentamente anche i nostri ricordi morirebbero con noi. Ti pregherei di non perdere un secondo in più in rabbia, frustrazione e rimpianto, perché ogni attimo non vissuto è un attimo che non potrai più recuperare. T’invocherei di tornare a essere l’eroe della tua vita. Poi, ti supplicherei di lasciarmi andare”.
L’uomo la guardò, confuso, ma la bambina non gli lasciò il tempo di interromperla. “Adesso sono pronta a svelarti il mio segreto”.
L’uomo sollevò le spalle e reclinò il capo, osservando la bimba con gli occhi di chi cerca delle risposte senza riuscire a dare un senso a quello che ha appena appreso.
“Sono il miracolo che hai chiesto al tesoro che stringi tra le mani”.
L’uomo sentì un brivido percorrergli la schiena. Colto di sorpresa, istintivamente aprì le mani e vi guardò dentro. Una catenina in oro gli scivolò tra le dita affusolate, mentre il ciondolo rimase saldamente aggrappato alla base del medio. Un pendente rotondo formava una piccola cornice e al suo interno, sigillata dal vetro, c’era la foto di una donna.
“Come sapevi…”
Alzò gli occhi, ma la bambina non c’era più. Al suo posto era rimasto il fermaglio che aveva tra i capelli. Guardò il suo tesoro, smarrito, ripensando a quello che era appena successo. Ripercorse ogni attimo di quell’incontro, registrando nella mente ogni minimo dettaglio del dialogo intercorso. Improvvisamente fu colto da un’illuminazione. I suoi occhi cercarono avidamente qualcosa che non avevano saputo vedere prima. Ripose il ciondolo nel proprio palmo e lo prese saldamente con le dita. Avvicinò l’immagine agli occhi per osservarla meglio. Sua moglie stava sorridendo in direzione della fotocamera e i suoi occhi verdi, che lo avevano stregato fin dal loro primo incontro, erano socchiusi per l’espressione. La sua fronte era in parte nascosta dalla frangia e la sua folta chioma raccolta solo da una parte, lasciando visibile l’orecchio. Proprio lì focalizzò tutta la sua attenzione e proprio lì lo vide: tra i capelli della donna che aveva amato più di tutta la sua vita, c’era un fermaglio blu a forma di stella.